Risarcimento: l’indennizzo ex lege 210/1992 non può essere scomputato dal danno biologico temporaneo

Con ordinanza n. 4415/2024, pubblicata il 19 febbraio 2024, la Corte di Cassazione ha stabilito che l’indennizzo disciplinato dalla legge 210/1992 (in seguito, l’Indennizzo) può essere scomputato solo dal danno biologico permanente, ma non da quello temporaneo.
La Corte di Appello aveva applicato lo scomputo all’intero danno, statuizione impugnata dal ricorrente in quanto i due pregiudizi hanno natura diversa.
La Suprema Corte ha accolto il motivo, evidenziando innanzi tutto come il danno per invalidità temporanea e quello per invalidità permanente, pur avendo la stessa natura giuridica, hanno presupposti di fatto diversi. … Più precisamente, l’invalidità temporanea perdura in relazione alla durata della patologia e viene a cessare o con la guarigione, con il pieno recupero delle capacità anatomo-funzionali dell’organismo, o, al contrario, con la morte, ovvero ancora con l’adattamento dell’organismo alle mutate e degradate condizioni di salute (cd. stabilizzazione); in tale ultimo caso, il danno biologico subito dalla vittima dev’essere liquidato alla stregua di invalidità permanente.
La Corte osserva inoltre come l’Indennizzo sia riconosciuto a chiunque abbia riportato, a causa di vaccinazioni obbligatorie per legge o per ordinanza di una autorità sanitaria italiana, lesioni o infermità, dalle quali sia derivata una menomazione permanente della integrità psico-fisica. Esso è pertanto correlato all’invalidità permanente. Il danno che è stato riconosciuto dalla sentenza del Tribunale è invece quello relativo all’invalidità temporanea. I presupposti di fatto delle due attribuzioni patrimoniali, pur accomunate dalla medesima condotta lesiva e dal medesimo evento di danno, sono diversi, posto che l’una risarcisce l’inabilità temporanea, l’altra indennizza la menomazione permanente.
Considerato che l’Indennizzo viene scomputato dal risarcimento al fine di evitare un ingiustificato arricchimento del danneggiato, la Cassazione conclude che l’eterogeneità del presupposto di fatto impedisce di configurare l’ingiustificato arricchimento che presiede all’istituto della compensatio lucri cum damno, enunciando il seguente principio di diritto: “nel giudizio promosso per il risarcimento dei danni conseguenti al contagio a seguito di emotrasfusioni con sangue infetto, l’indennizzo previsto dall’art. 2, comma 3, della l. n. 210 del 1992, non deve essere scomputato, in applicazione del principio della “compensatio lucri cum damno”, dalle somme liquidabili a titolo risarcitorio per l’invalidità temporanea”.
Ringraziamo la Collega Paola Soragni, del Foro di Reggio Emilia, per la segnalazione e ci complimentiamo con lei per l’ottimo risultato ottenuto.

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Risarcimento: la semplice diagnosi di epatite non determina l’inizio della decorrenza della prescrizione né impone al danneggiato l’onere di assumere informazioni sulla causa della patologia

Con ordinanza n. 7357/2024, pubblicata il 19 marzo 2024, la Corte di Cassazione ha stabilito che la mera diagnosi di epatite C non determina la decorrenza della prescrizione del diritto al risarcimento del danno spettante alla persona contagiata, né impone a quest’ultima l’onere di assumere informazioni sulla causa della patologia.
La Corte di Appello aveva rigettato l’eccezione di prescrizione sollevata dal Ministero della Salute, facendo decorrere il relativo termine dal giorno in cui il danneggiato aveva domandato l’indennizzo disciplinato dalla legge 210 del 1992.
L’Amministrazione aveva censurato questo capo in cassazione, ritenendo che il termine di prescrizione dovesse decorrere da una data antecedente, ovvero dal giorno nel quale, a seguito di un esame istologico, al paziente era stata diagnosticata una epatite cronica HCV correlata.
Secondo il Ministero della Salute, infatti, a seguito di tale diagnosi l’interessato dovrebbe, anche qualora non comprenda esattamente il significato di quanto gli è stato refertato, attivarsi per comprendere di quale patologia si tratti e, soprattutto, quale ne sia la causa. Conseguentemente, secondo l’Amministrazione con la mera diagnosi della malattia sussisteva già la conoscibilità della riconducibilità del danno alla trasfusione, sulla base dell’ordinaria diligenza esigibile dal danneggiato, che avrebbe quindi dovuto rivolgersi a un medico, al fine di apprendere compiutamente la tipologia della malattia e la sua derivazione causale, tenuto conto anche delle conoscenze scientifiche dell’epoca, nel 2007, anno della refertazione dell’epatite, la possibilità di contrazione della patologia HCV in conseguenza di emotrasfusioni era diventata circostanza notoria.
La Suprema Corte ha rigettato la censura perché del tutto priva di fondamento, invero la sentenza impugnata, pur premettendo che l’exordium praescriptionis ben potrebbe essere individuato in un momento antecedente alla data di presentazione della domanda amministrativa di indennizzo (ove già in tale momento la malattia sia stata – o avrebbe potuto essere, usando l’ordinaria diligenza e tenuto conto della diffusione delle conoscenze scientifiche – percepita quale danno ingiusto conseguente all’emotrasfusione), tuttavia ha reputato che, nel caso di specie, la mera informativa della diagnosi di epatite HCV contenuta nel referto del … 2007 non consentiva, in assenza di altri elementi di prova non forniti dall’eccipiente, di ritenere che il danneggiato, nell’occasione, avesse acquisto, oltre alla consapevolezza della patologia, anche quella della sua riconducibilità alla trasfusione …; pertanto, il dies a quo della prescrizione doveva essere individuato in prossimità della data di presentazione della domanda di indennizzo.
La Corte precisa, altresì, che il parametro dell’ordinaria diligenza e della diffusione delle conoscenze scientifiche, … sulla cui base valutare la percepibilità della patologia quale danno ingiusto conseguente alla trasfusione, va calibrato non in relazione alle informazioni acquisibili da parte del paziente (sul quale non grava alcun onere di attivazione), ma in relazione alle informazioni che gli siano state eventualmente date, sicché la mera diagnosi della sussistenza della patologia virale, in assenza di altre informazioni sulla possibile derivazione causale di essa dalla precedente trasfusione, non determina la decorrenza del termine di prescrizione.
La censura dell’Amministrazione è stata pertanto rigettata.

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Risarcimento: il Tribunale di Reggio Calabria liquida 753 mila euro ai familiari di una danneggiata deceduta per sangue infetto

Con ordinanza pubblicata il 22 marzo 2023 all’esito di un procedimento sommario di cognizione ex art. 702 bis del codice di procedura civile (rito oggi abolito in seguito all’entrata in vigore della c.d. riforma Cartabia), pronuncia relativa ad un caso seguito dallo Studio e passata in giudicato, il Tribunale di Reggio Calabria ha condannato il Ministero della Salute a corrispondere ai familiari di una danneggiata, deceduta nel 2009 per le complicanze dell’epatite C, la complessiva somma di 753.760,00 euro, oltre interessi legali dal deposito del provvedimento al saldo.
Il Tribunale ha innanzi tutto evidenziato come l’Amministrazione sia responsabile per il contagio della parente dei ricorrenti, avvenuto nel 1980, e il suo successivo decesso.
In giudice osserva in proposito come la Suprema Corte, anche a Sezioni Unite, abbia reiteratamente affermato che il Ministero della Salute è tenuto ad esercitare un’attività di controllo e di vigilanza in ordine (anche) alla pratica terapeutica della trasfusione del sangue e dell’uso degli emoderivati, e risponde ex art. 2043 c.c., per omessa vigilanza, dei danni conseguenti ad epatite e ad infezione da HIV contratte da soggetti emotrasfusi, obblighi che derivano da una pluralità di fonti normative, le quali attribuiscono al Ministero attivi poteri di vigilanza nella preparazione ed utilizzazione di emoderivati e di controllo in ordine alla relativa sicurezza.
Il Tribunale, altresì, ha rilevato come la giurisprudenza, anche di merito, abbia da tempo dato diffusamente conto di come fosse già ben noto sin dalla fine degli anni ‘60 il rischio di trasmissione di epatite virale. Invero, sin dalla metà degli anni ‘60 erano infatti esclusi dalla possibilità di donare il sangue coloro i cui valori delle transaminasi e delle GPT indicatori della funzionalità epatica fossero alterati rispetto ai limiti prescritti (Cass., 20/4/2010, n. 9315) e che la variazione dei valori ALT fosse indicativa di una infezione epatica, tanto che nel 1966 il Ministero della Salute raccomandava la determinazione di ALT transaminasi ribadendo tali indicazioni nella circolare del 9 giugno 1970 n. 95. Con successive circolari n. 1188 del 30.6.1971, 17 febbraio e 15 settembre 1972 il Ministero ha disposto la ricerca sistematica dell’antigene Australia (cui fu dato poi il nome di antigene di superficie del virus dell’epatite B); e con circolare n. 68 del 1978 ha poi reso obbligatoria la ricerca della presenza dell’antigene dell’epatite B in ogni singolo campione di sangue o plasma.
Conseguentemente, l’incauta somministrazione del sangue, conseguente all’assenza dei controlli previsti dalla legge sulle sacche trasfuse, integra l’elemento soggettivo dell’illecito sulla base “del dovere di adoperarsi per evitare o ridurre un rischio che è antico quanto la necessità della trasfusione” (da ultimo, cfr. Cass. 31 gennaio 2019, n. 2790).
Nel caso di specie, l’Amministrazione non aveva dimostrato che tali controlli fossero stati effettuati.
Il Tribunale ha quindi riconosciuto l’esistenza del nesso causale tra le trasfusioni subite dalla danneggiata ed il suo successivo decesso, recependo le conclusioni della perizia medica espletata.
In particolare, il giudice ha confermato come non erano stati riscontrati altri ragionevoli fattori eziologici della patologia, alternativi a quello integrato dalle trasfusioni del 1980 e, altresì, come il decesso della danneggiata fosse stato provocato da cirrosi epatica HCV-correlata complicata da HCC in data 12.09.2009 conseguente all’infezione da HCV.
Infine, il Tribunale non ha scomputato, dal risarcimento liquidato, quanto corrisposto agli eredi a titolo di assegno una tantum previsto dall’art. 1, co. 3, l. 238/1997, atteso il difetto di prova in ordine alla effettiva percezione dell’assegno e al relativo importo.

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Indennizzo ex lege 210/1992: importi per il 2024

Gli importi dovuti per l’anno 2024, ottenuti applicando un tasso di rivalutazione pari allo 2,30%, sono i seguenti:
Categoria Bimestrale
Prima 1.949,36
Seconda 1.919,51
Terza 1.889,87
Quarta 1.860,09
Quinta 1.830,24
Sesta 1.800,04
Settima 1.770,62
Ottava 1.740,77

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Risarcimento del danno: la Corte di Appello di Bologna conferma una sentenza di condanna del Ministero della Salute per una trasfusione del 1970


Con sentenza n. 1660/2022, depositata il 22 luglio 2022 all’esito di un caso seguito dallo Studio e passata in giudicato, la Corte di Appello di Bologna ha confermato la sentenza n. 20413/2017 del Tribunale di Bologna, depositata in data 18 aprile 2017, con la quale il giudice di primo grado aveva condannato il Ministero della Salute a corrispondere ai due figli di una danneggiata, deceduta per l’aggravamento di una epatite post-trasfusionale contratta nel mese di aprile del 1970, la complessiva somma di 460.000,00 euro, oltre interessi dal 13 aprile 2017 al saldo.

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